Dal 1960 al 1968
La prima Coppa Italia e gli oriundi
Nel 1960, quando Vinicio sembrava a fine carriera e ormai in decadenza, il Napoli cedette il brasiliano al Bologna; a smentire quella "decadenza" ci pensò Vinício stesso, vincendo la classifica dei marcatori, ben sei anni dopo, con la maglia del Vicenza. Nella stagione 1960-61 dopo un buon avvio - (8 punti in 5 partite) - il Napoli crollò e retrocedette nuovamente in Serie B, concludendo il campionato al penultimo posto. Furono inutili i tentativi di Lauro di risollevare la squadra ingaggiando addirittura uno psicanalista o esonerando l'allenatore Amadei e il direttore tecnico Cesarini dopo una clamorosa sconfitta per 4-0 contro la Juventus; nemmeno l'ingaggio come allenatore del direttore dello Stadio San Paolo ed ex campione del Napoli Attila Sallustro bastò per risollevare una situazione ormai compromessa ed evitare la retrocessione.
Per ritornare in A, Lauro pretese di costruire una formazione in grado di competere con le migliori: "un grande Napoli per una grande Napoli" fu il suo slogan, ma il campo gli diede inizialmente torto; la squadra non sembrava essere in grado di raggiungere la meta della promozione, e alla fine del girone di andata annaspava negli ultimi posti, rischiando la C.Il 29 gennaio Lauro, per risollevare la squadra, provò allora a cambiare allenatore e scelse come nuovo Bruno Pesaola, allora allenatore della Scafatese in terza serie; quest'ultimo era già stato un calciatore del Napoli ai tempi di Jeppson e Vinicio e da "Mister" rimase famoso anche per il suo immancabile cappotto di cammello e per la sagacia tattica. Con lui in panchina il Napoli risalì la china fino a raggiungere la promozione.
La stagione si chiuse trionfalmente con la conquista della Coppa Italia, ottenuta battendo in finale la Spal. Il Napoli passò subito in vantaggio con Gianni Corelli al 12'; la SPAL pareggiò tre minuti più tardi con Micheli, ma Pierluigi Ronzon al 79' siglò il definitivo vantaggio partenopeo, regalando così agli azzurri il primo trofeo della loro storia. Fu un'affermazione che passò agli annali, poiché nell'occasione i partenopei eguagliarono il Vado come gli unici due club capaci, fin qui, di sollevare la Coppa Italia pur non militando in massima divisione.
Nel 1962-63 il Napoli della Coppa Italia venne confermato quasi in blocco, con il solo innesto di Faustinho Cané, prelevato dall'Olaria di Rio de Janeiro, e di Humberto Rosa dalla Juventus (in prestito annuale); dalle giovanili vennero inoltre integrati in prima squadra i giovani Antonio Juliano, Vincenzo Montefusco e il portiere Pomarici. In campionato la squadra non ingranò ma in Coppa delle Coppe eliminò sia i gallesi del Bangor-City che l'Újpesti TE (Ungheria) qualificandosi così ai quarti di finale. Intanto, dopo la gara di San Siro contro il Milan, ben quattro azzurri (Pontel, Molino, Rivellino e Tomeazzi) furono squalificati per un mese causa doping.In Coppa alla bella contro l'OFK-Belgrado debuttò Juliano, giovane centrocampista che per i successivi diciotto anni fu l'indiscussa bandiera del Napoli, ma nulla evitò il 3-1 e l'eliminazione. In campionato le cose non andarono meglio: al termine della partita persa 0-2 in casa contro il Modena il Napoli venne di nuovo retrocesso.
Nella stagione successiva il Napoli, sotto la guida di Lerici, non ottenne grandi successi. A nulla servì la sostituzione del tecnico con il suo secondo Molino: alla fine fu solo ottavo posto. Il 25 giugno 1964 l'Associazione Calcio Napoli, oberata dai debiti, venne rilevata e sostituita dalla Società Sportiva Calcio Napoli con Roberto Fiore presidente effettivo e Achille Lauro presidente onorario con il 40% delle azioni. Il processo di trasformazione societaria si tradusse di fatto in una sorta di mutamento di nominazione.
Per il campionato 1964-65 tornò in panchina Pesaola, il tecnico della Coppa Italia. La stagione fu quantomeno strana: in casa il Napoli non rendeva, mentre in trasferta dilagava, Cané si trasformò in goleador e gli azzurri tornarono in A.
Per lo spregiudicato armatore Achille Lauro il Napoli era un fiore all'occhiello da mostrare con orgoglio, specie in periodo elettorale; per costruire una buona squadra in vista del campionato di A 1965-66 prelevò Omar Sivori della Juventus (90 milioni) e José Altafini dal Milan (280 milioni); al loro fianco cominciò a mettersi in evidenza Juliano, che aveva debuttato quando la squadra era ancora in Serie B.
I risultati furono lusinghieri: in campionato il Napoli arrivò terzo a soli cinque punti dall'Inter campione (50 punti contro i 45 degli azzurri), con Altafini capocannoniere della squadra con quattordici gol, mentre in estate la squadra si aggiudicò la Coppa delle Alpi. Nel 1966-67 il Napoli ripeté gli ottimi risultati dell'anno passato, conquistando 44 punti e arrivando quarto con Altafini di nuovo mattatore, questa volta con sedici reti. Nello stesso anno la squadra partenopea partecipò alla sua prima Coppa delle Fiere: venne eliminato agli ottavi di finale dal Burnley.
Alla vigilia del campionato 1967-68 arrivò dal Mantova il portiere Dino Zoff, subito soprannominato l'angelo azzurro. Nonostante la società attraversasse un periodo di crisi economica, in campionato i partenopei arrivarono vicini allo scudetto, piazzandosi al secondo posto con nove punti di distacco dal Milan campione.
Il giocattolo tuttavia si ruppe nella stagione successiva (1968-69): Pesaola lasciò la squadra per la Fiorentina e venne sostituito come allenatore da Bebbe Chiappella; a peggiorare la situazione accadde anche una rissa durante Napoli-Juventus 2-1 del 1º dicembre 1968, in seguito alla quale Sívori, per aver insultato l'allenatore bianconero Heriberto Herrera, fu squalificato per sei giornate; in seguito alla squalifica, Sívori prese la decisione di ritirarsi dal calcio giocato. La squadra si piazzò quindi a metà classifica.