Champions League
NAPOLI - Trent'anni fa. Eppure non sono ricordi arrugginiti. Tutt'altro. Forse perché la prima volta non si scorda mai. E quella fu proprio la prima volta del Napoli in Champions. Quando si chiamava ancora Coppa dei Campioni perché poteva giocarci solo chi vinceva il campionato.
L'URNA REAL - Era in ritiro, il Napoli di Maradona, quando dal sorteggio venne fuori quell'accoppiamento. Al Napoli verginello toccò subito l'avversario che tutti volevano scansare: il Real di Chendo e di Sanchis, di Michel e Butragueno, di Gallego, Vazquez e Santillana. Roba fine per quel tempo in cui il Real era già il Real. Un attimo di sguardi non proprio felici, un paio di chiare imprecazioni, poi i big presero la squadra per il bavero e le diedero coraggio. «Ragazzi, Real oppure no, ce la giocheremo. E vedremo se davvero sono più forti loro»: urlò Salvatore Bagni alla squadra raccolta per la cena.
TRENT'ANNI FA - L'appuntamento al Bernabeu il 16 settembre di quel 1987. Strane sensazioni. Mentre Napoli ribolliva d'attesa e di passione, a Madrid c'era silenzio. Partita a porte chiuse, infatti. Real castigato per degli incidenti di qualche giorno prima. Cosicché il tifo madrilista restò fuori. Numeroso e rumoroso trasformò in stadio l'antistadio all'angolo di Avenida Concha Espina. «Prendemmo due gol e il secondo avremmo dovuto evitarlo. Nel finale forse ci chiudemmo troppo. Che ricordo ho di quella gara? Il ricordo - racconta Salvatore Bagni - di un Real che nonostante tutto ci temeva. E per questo provò ad innervosirci. Anzi: ad intimorirci. Non l'ho mai detto prima: ogni trenta secondi qualcuno bussava forte alla porta del nostro spogliatoio. Venite fuori, urlavano. E quando uscimmo, nel corridoio che porta al campo, con loro ci fu un ruvido scambio di sguardi feroci, più d'una parolaccia e ci furono spintoni».
NAPOLI - Trent'anni fa. Eppure non sono ricordi arrugginiti. Tutt'altro. Forse perché la prima volta non si scorda mai. E quella fu proprio la prima volta del Napoli in Champions. Quando si chiamava ancora Coppa dei Campioni perché poteva giocarci solo chi vinceva il campionato.
L'URNA REAL - Era in ritiro, il Napoli di Maradona, quando dal sorteggio venne fuori quell'accoppiamento. Al Napoli verginello toccò subito l'avversario che tutti volevano scansare: il Real di Chendo e di Sanchis, di Michel e Butragueno, di Gallego, Vazquez e Santillana. Roba fine per quel tempo in cui il Real era già il Real. Un attimo di sguardi non proprio felici, un paio di chiare imprecazioni, poi i big presero la squadra per il bavero e le diedero coraggio. «Ragazzi, Real oppure no, ce la giocheremo. E vedremo se davvero sono più forti loro»: urlò Salvatore Bagni alla squadra raccolta per la cena.
TRENT'ANNI FA - L'appuntamento al Bernabeu il 16 settembre di quel 1987. Strane sensazioni. Mentre Napoli ribolliva d'attesa e di passione, a Madrid c'era silenzio. Partita a porte chiuse, infatti. Real castigato per degli incidenti di qualche giorno prima. Cosicché il tifo madrilista restò fuori. Numeroso e rumoroso trasformò in stadio l'antistadio all'angolo di Avenida Concha Espina. «Prendemmo due gol e il secondo avremmo dovuto evitarlo. Nel finale forse ci chiudemmo troppo. Che ricordo ho di quella gara? Il ricordo - racconta Salvatore Bagni - di un Real che nonostante tutto ci temeva. E per questo provò ad innervosirci. Anzi: ad intimorirci. Non l'ho mai detto prima: ogni trenta secondi qualcuno bussava forte alla porta del nostro spogliatoio. Venite fuori, urlavano. E quando uscimmo, nel corridoio che porta al campo, con loro ci fu un ruvido scambio di sguardi feroci, più d'una parolaccia e ci furono spintoni».
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