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De Laurentiis esclusivo: «Sarri? Non sono un tipo vendicativo»
Intervista al presidente del Napoli: «Sarri mi ferì quando disse: 'Con il nuovo contratto mi voglio arricchire'. Ancelotti è la chiave d'accesso per farci fare il salto a livello europeo»
sabato 2 giugno 2018
10maggio87.it

ROMA - «Non farmi fare la figura dell’arrogante, del riottoso, e non farmi litigare con Sarri», me lo ripete almeno tre volte ma con un tono godibilmente lieve. 

Posso almeno provarci?

«A farmi litigare?». De Laurentiis sorride a un ottimo momento personale, al consenso ritrovato e ai «38 milioni di tifosi nel mondo che diventano centoventi se si aggiungono quelli per i quali il Napoli rappresenta la seconda squadra. Mi sa che nel frattempo siano anche aumentati. Due anni fa commissionammo una ricerca alla Nielsen e questi furono i risultati». Niente vino, solo acqua gassata all’ora di pranzo, De Laurentiis non ha dubbi sulla freschezza del pesce che ci servono, né sull’insalata di ovuli romeni tagliati fini. Una prima breve pausa preceduta da una serie di episodi che riguardano la sua vita, gli inizi, suo padre Luigi, lo zio Dino, le loro stregonerie professionali; padre e zio dei quali ogni volta imita la voce. Riprende a parlare quasi rispettando i miei tempi di raccolta degli appunti: «Ci sono tifosi che hanno la capacità di vedere ciò che c’è e altri che decidono di vedere solo ciò che vogliono, il calcio, poi, è il paradiso dei luoghi comuni. C’è il tifoso che frequenta lo stadio reale e quello che si accontenta dello stadio virtuale, i media, le tv, le radio, il web».

Sia il primo, sia il secondo inseguono la verità definitiva su lei e Sarri.

«Non è vero che non ci prendevamo, io sono sempre stato molto educato con lui, l’ho sempre supportato. Ma a un certo punto se tu hai un contratto con me per altri due anni e cominci a seminare pubblicamente dei dubbi, dubbi del tipo “non so se rimango”, “non so se la società ce la farà a trattenere i migliori”, “nella vita meglio finire quando le storie sono belle”, invii dei chiari segnali di insofferenza e sfiducia, disattendi i tuoi obblighi contrattuali e mi procuri dei possibili danni».

Di che genere?

«Non ragioni più da società, pensi solo alla tua immagine».

Beh, anche lei non gli ha risparmiato pesanti critiche pubbliche. Dopo Madrid, ad esempio. E anche di recente.

«Ci arriviamo, ci arriviamo. Prima di tutto io non avevo l’obbligo di rinegoziare un contratto già negoziato. Tuttavia, da gennaio, e per più volte, l’ho fatto. A quanto eravamo arrivati?» chiede ad Andrea Chiavelli. «Partendo dall’incontro di Figline a gennaio? A fine marzo, a tre e mezzo netti con la Champions e due e mezzo con l’Europa League», risponde il suo braccio destro. «Più bonus». «Maurizio non mi ha mai risposto» prosegue De Laurentiis. «Se tu mi chiudi la porta in faccia, io educatamente mi trattengo per non disturbare il tuo lavoro, ma fino a un certo punto, oltre il quale ho il diritto, anzi il dovere di salvaguardare la società cominciando a guardarmi attorno».

Quando, precisamente? In che mese ha avvicinato Ancelotti?

«Contrattuale o approccio?»

Approccio.

«Con Ancelotti ci sentiamo da anni. Un giorno mi chiese Koulibaly, gli dissi chemi avrebbe fatto piacere dargli una mano ma che la priorità era il bene del Napoli. Anche Conte, che incontrai in vacanza alle Maldive, insistette a più riprese per il nostro centrale. Che da qui non si muove. Madrid, dicevi?»

Madrid.

«A Madrid me la presi con la squadra, salvai solo Insigne, se non sbaglio. Non è così, Andrea?»

Aurelio DE LAURENTIIS

Italia

Simone VERDI

Italia

De Laurentiis esclusivo: «Sarri? Non sono un tipo vendicativo»
Intervista al presidente del Napoli: «Sarri mi ferì quando disse: 'Con il nuovo contratto mi voglio arricchire'. Ancelotti è la chiave d'accesso per farci fare il salto a livello europeo»
sabato 2 giugno 2018
10maggio87.it

ROMA - «Non farmi fare la figura dell’arrogante, del riottoso, e non farmi litigare con Sarri», me lo ripete almeno tre volte ma con un tono godibilmente lieve. 

Posso almeno provarci?

«A farmi litigare?». De Laurentiis sorride a un ottimo momento personale, al consenso ritrovato e ai «38 milioni di tifosi nel mondo che diventano centoventi se si aggiungono quelli per i quali il Napoli rappresenta la seconda squadra. Mi sa che nel frattempo siano anche aumentati. Due anni fa commissionammo una ricerca alla Nielsen e questi furono i risultati». Niente vino, solo acqua gassata all’ora di pranzo, De Laurentiis non ha dubbi sulla freschezza del pesce che ci servono, né sull’insalata di ovuli romeni tagliati fini. Una prima breve pausa preceduta da una serie di episodi che riguardano la sua vita, gli inizi, suo padre Luigi, lo zio Dino, le loro stregonerie professionali; padre e zio dei quali ogni volta imita la voce. Riprende a parlare quasi rispettando i miei tempi di raccolta degli appunti: «Ci sono tifosi che hanno la capacità di vedere ciò che c’è e altri che decidono di vedere solo ciò che vogliono, il calcio, poi, è il paradiso dei luoghi comuni. C’è il tifoso che frequenta lo stadio reale e quello che si accontenta dello stadio virtuale, i media, le tv, le radio, il web».

Sia il primo, sia il secondo inseguono la verità definitiva su lei e Sarri.

«Non è vero che non ci prendevamo, io sono sempre stato molto educato con lui, l’ho sempre supportato. Ma a un certo punto se tu hai un contratto con me per altri due anni e cominci a seminare pubblicamente dei dubbi, dubbi del tipo “non so se rimango”, “non so se la società ce la farà a trattenere i migliori”, “nella vita meglio finire quando le storie sono belle”, invii dei chiari segnali di insofferenza e sfiducia, disattendi i tuoi obblighi contrattuali e mi procuri dei possibili danni».

Di che genere?

«Non ragioni più da società, pensi solo alla tua immagine».

Beh, anche lei non gli ha risparmiato pesanti critiche pubbliche. Dopo Madrid, ad esempio. E anche di recente.

«Ci arriviamo, ci arriviamo. Prima di tutto io non avevo l’obbligo di rinegoziare un contratto già negoziato. Tuttavia, da gennaio, e per più volte, l’ho fatto. A quanto eravamo arrivati?» chiede ad Andrea Chiavelli. «Partendo dall’incontro di Figline a gennaio? A fine marzo, a tre e mezzo netti con la Champions e due e mezzo con l’Europa League», risponde il suo braccio destro. «Più bonus». «Maurizio non mi ha mai risposto» prosegue De Laurentiis. «Se tu mi chiudi la porta in faccia, io educatamente mi trattengo per non disturbare il tuo lavoro, ma fino a un certo punto, oltre il quale ho il diritto, anzi il dovere di salvaguardare la società cominciando a guardarmi attorno».

Quando, precisamente? In che mese ha avvicinato Ancelotti?

«Contrattuale o approccio?»

Approccio.

«Con Ancelotti ci sentiamo da anni. Un giorno mi chiese Koulibaly, gli dissi chemi avrebbe fatto piacere dargli una mano ma che la priorità era il bene del Napoli. Anche Conte, che incontrai in vacanza alle Maldive, insistette a più riprese per il nostro centrale. Che da qui non si muove. Madrid, dicevi?»

Madrid.

«A Madrid me la presi con la squadra, salvai solo Insigne, se non sbaglio. Non è così, Andrea?»

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